venerdì 6 gennaio 2017

Cristina Falcini, un'ereditiera della Macchia



Un artista autodidatta di solito si riconosce di primo acchito e, se ha talento, ciò non di rado costituisce un punto di forza. Cristina Falcini è in effetti autodidatta, ma non dà questa sensazione. Al contrario, guardando i suoi paesaggi ti immagini un lungo percorso tra Artistico e Accademia. Invece no. Ha fatto (quasi) tutto da sola. Nata a Prato nel 1964, nel 1985 incontrò Pier Luigi Boldrini, che l'aiutò a settare le vele nel verso giusto. Nel 1987 aveva già allestito la prima personale. La prima di una lunghissima serie. Così scrisse l'altro suo maestro Giulio da Vicchio in occasione di una di esse: "Da alcuni suoi dipinti specialmente di grande respiro noto doti non comuni che lasciano intravedere possibilità di ottimi risultati." Non si sbagliava. E proseguiva: "Desidererei che il pubblico che avrà il piacere di visitare la sua mostra notasse quelle doti di sincerità, di purezza, di voglia di fare che contraddistinguono la sua pittura."
Ha scritto Daniela Pronestì: "La maggior parte dei suoi paesaggi descrive la Toscana contadina, campestre naturale e rurale caratterizzandosi per l'essenzialità e gradualità dei colori del cielo, la mite variabilità dei toni verdastri, la sottile espressività delle ombre causate dall'incidenza del sole, l'atmosfera coinvolgente di tradizioni del suo popolo senza che nessun elemento prevalga su gli altri". Il collega e grande amico Niccolò Niccolai sintetizza: "La resa della spazialità è la sua peculiarità, oltre a un robusto e sincero cromatismo". Giuliano Paladini, del pari collega e amico nonché Presidente dell'Associazione Giotto e l'Angelico di cui Cristina fa parte, riconosce di avere un'ammirazione particolare per lei: "È una forza della natura. Guardatela poi mentre dipinge: è una cosa meravigliosa!"


Io ho voluto definirla ereditiera, ancor più che erede, del movimento post macchiaiolo, anche se non penso renda sufficientemente l'idea. La difficoltà, nel parlare di Cristina, è riuscire a far comprendere a parole come i suoi paesaggi post macchiaioli, che mostrano generi di soggetti non di rado inflazionati, posseggano una marcia in più e abbiano un'impronta personale addirittura prepotente, che li fa risultare del tutto inconfondibili al primo sguardo.
Nel settembre 2015 visitai la grande esposizione Artisti del mondo a Firenze, organizzata da Fabrizio Borghini in occasione dell'Expo 2015. Gli autori che vi partecipavano, con una o più opere, erano centotrenta. Non sapevo se tra di essi c'era anche Cristina, ma poi individuai Dopo la pioggia che, in mezzo a una dozzina buona di altri dipinti pur di soggetto simile, giganteggiava. Non ebbi bisogno di leggere la targhetta.

Dopo la pioggia

Alcuni anni prima, io ed Enrico Pazzagli facevamo parte della giuria di un concorso artistico che si teneva al Foro Boario di Borgo S. Lorenzo. Nella grande sala ove erano esposte le opere, rigorosamente anonime, le passavamo in rassegna, prendendo appunti. Davanti ad uno splendido paesaggio, però, all'unisono come in un balletto ci bloccammo e ci guardammo l'un l'altro. Del pari all'unisono esclamammo: "Cristina!". Non poteva essere che lei. E infatti era lei. Vinse a man bassa. Tanto per cambiare. 

Uno dei tanti primi premi di Cristina
Non mi sorprenderei se le capitasse quanto accaduto tanti anni fa ad Alfredo Binda, ovvero che il comitato organizzatore di un qualche concorso pittorico la paghi perché non vi partecipi. Intanto, Cristina sta preparando una iniziativa per il trentennale della sua prima esposizione. Sarà a giugno.


Con Silvano 'Nano' Campeggi
Con Susi La Rosa e, sullo sfondo, Filippo Benci

2 commenti:

  1. Come sempre Paolo sei stato molto attento e sensibile, facendo comprendere anche a coloro che ancora non la conoscono, la sua arte.

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  2. Paolo hai scritto di Cristina in maniera perfetta, è la prima volta che leggo di lei come un romanzo avvincente, sei riuscito a descriverla così come lei naturalmente è. Bravo

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