mercoledì 28 giugno 2017

Santi Tosini che non era l'Angelico


Riprendendo il discorso del post precedente, cerchiamo di mettere a fuoco la figura del vero Santi Tosini, vissuto centocinquant'anni dopo fra' Giovanni Angelico per il quale è (stato) sovente scambiato.

Abbiamo visto che Marchese cita una ‘biografia non breve’. Si tratta quasi certamente di quella riportata da Domenico Moreni in una ponderosa “Bibliografia storico-ragionata della Toscana” (1805). “Vita del Ven. P.F. Santi Tosini del Convento di S. Domenico a Fiesole” è opera manoscritta di certo Domenico Maria Sandrini. “Questo Religioso”, aggiunge Moreni, “morì molto vecchio nel 1752. Quanto era egli di virtù fornito, altrettanto era scarso di critica, e di gusto nello scrivere”. Sarà per questo che citazioni dirette della sua opera non se ne trovano.
Nella risposta di rettifica fornita a Roberto Piacenza (ne ho parlato nel post precedente), Angelo Maria Bandini aggiunge: "In un libro intitolato catalogo di uomini illustri, che hanno decorato il Convento di San Domenico si legge: Santi Tosini fu mandato dalla Vergine Santissima della Nunziata di Firenze a vestir l'abito di San Domenico in questo Convento, e fu un uomo tanto santo, quanto lo dichiara la sua vita stampata dal padre Maestro Cecchini". Si tratta della Vita venerabilis fratris Sanctes Tosinii Florentini scripta olim a patre fratre Reginaldo Cecchinio, il cui testo in latino, non lunghissimo, è on line e lo troverete qui.


Di recente ha scritto su Santi Tosini la studiosa Heidi J. Hornik all’interno di una vasta opera dal titolo Michele Tosini and the Ghirlandaio Workshop in Cinquecento (2009), il cui protagonista è il pittore padre del nostro domenicano. Dalla ricostruzione della Hornik risulta che Michele Tosini - il quale volle essere chiamato Ghirlandaio per devozione al suo maestro Ridolfo - ebbe quattro figli. Il secondo nacque a Firenze nel 1536 e fu chiamato Iacopo. Nel registro battesimale di S. Maria del Fiore, qui accanto, è il secondo registrato al 27 settembre. Cecchini scrive erroneamente 1538.
All’età di sedici anni, mentre Jacopo lavorava insieme con il padre in SS. Annunziata (foto d'apertura), sentì per tre volte una voce dall'al di là: «Fesulas petito, teque habitum divi Dominici induito». Le parole sono riportate dal Cecchini. E così scelse di unirsi ai frati domenicani.
L’8 settembre 1553 prese i voti in S. Domenico a Fiesole con il nome di Santi.

Jacopo Tosini vocato Santi era ‘versato per la pittura’, come lo erano il babbo e il fratello maggiore Bartolomeo che intraprese la strada paterna? Non esageriamo. Il Cecchini, nella Vita, non fa alcun cenno alla sua attività pittorica. Lodovico Ferretti, in “La chiesa e il convento di San Domenico di Fiesole” (1901), lo definisce “cultore anch’egli dell’arte della pittura, e, se non in questa, certamente nella santità emulo del suo grande confratello Beato Angelico”. Insomma, come pittore un granché non doveva essere.

La chiesa di S. Domenico a Fiesole
Santi fu invece un grande predicatore, oltre che frate dalla vita irreprensibile. Fin da bambino, riferisce Cecchini, tendeva a digiunare e mortificare il proprio corpo, e si può dire non abbia mai smesso. Scrive Cecchini: Nocte orationibus insistebat, laboribus cunctis primus insistebat, cilicio et inedia corpus macerans et semper hilarem faciem pre se ferens.
“Allorché predicava”, aggiunge Ferretti, “rapiva al cielo gli uditori e molte volte li compungeva fino alle lagrime, e varii prodigi accompagnarono sì fruttuose predicazioni”. Nel 1589 è registrato nel libro di Ricordanze di Badia a Ripoli per aver realizzato “certe cortine di tela cilindrata dipinte a fiorito”. Nel 1600 fu priore del Convento di S. Domenico. Fu mandato tra l’altro in Casentino (ebbe il priorato a Santa Maria del Sasso presso Bibbiena), ed ebbe la cura di diversi conventi. Fu poi chiamato a Roma, dove conobbe papa Clemente VIII e ne ebbe la stima. Morì in odore di santità il 10 settembre 1608 e ai suoi funerali “corse gran parte di Roma ed il popolo ne volle reliquie”. E a Roma venne sepolto, in Santa Maria Maddalena. L'essere stato frate domenicano e la sepoltura a Roma sono dunque i due elementi che accomunano Santi con Fra' Giovanni Angelico. Ma ci si ferma qui.
Cosa resta dell'opera artistica di Santi Tosini? Temo nulla. Ferretti parla di quattro quadri che “restano ancora [in S. Domenico], ma in miserabili condizioni”. E siamo nel 1901. E aggiunge: “conservasi eziandio tra gli arredi della Chiesa [di S. Domenico] un calice d’argento assai ben cesellato portante questa iscrizione: F. Sanctes Tosinus F.C. S.D. de Fesulis, 1597”, del quale si è perduta ogni traccia.

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